Sono sicuro che hai sentito più volte parlare di psicoterapia, magari confondendo il termine con quelli di psicologia, psichiatria, psicoanalisi (e chi più ne ha, più ne metta). Bé, mi tocca fare innanzitutto un po’ di chiarezza.
Che cos’è di preciso la psicoterapia?
Per riprendere le parole di Laplance e Pontalis (1967), la psicoterapia è, in senso lato, ogni metodo di trattamento dei disordini psichici o somatici che utilizzi mezzi psicologici e, più precisamente, la relazione fra il terapeuta e il malato.
Nello specifico, la psicoterapia psicodinamica è un approccio alla diagnosi e alla terapia caratterizzato da un modo di pensare sia rispetto al paziente sia rispetto al terapeuta che comprende il conflitto inconscio, le carenze e le distorsioni delle strutture intrapsichiche e le relazioni oggettuali interne, e che integra questi elementi con i dati attuali delle neuroscienze (Gabbard, 2004).
Troppo tecnico, vero?
Allora proviamo così. La psicoterapia psicodinamica è un viaggio che il paziente fa dentro di sé, alla ricerca dell’origine e delle cause di ciò che lo fa stare male, ma con l’aiuto e la vicinanza costante di un professionista (il terapeuta). Il viaggio, la cui durata e intensità sarà del tutto personale, caratterizzato da tappe anche dolorose e difficili, avrà come obiettivo generale il miglioramento della qualità di vita. Durante questo percorso, il paziente potrà contare sulla sicurezza della relazione terapeutica, affinché possa vedere, rivivere e riscoprire, attraverso essa, un modo diverso di vedere la vita.
È un tipo di psicoterapia psicodinamica che focalizza l’attenzione su determinati aspetti d’ordine emotivo della persona, proponendosi si risolvere particolari difficoltà in un numero limitato di sedute. Per promuovere questo cambiamento, lo psicoterapeuta assume un atteggiamento molto attivo e incisivo nel corso della relazione terapeutica, focalizzando l’attenzione su una precisa problematica. Questo modo di procedere permette al paziente di esperire contenuti emotivi fino ad allora repressi, ma che sono alla base della sintomatologia provata.
Il training autogeno è una tecnica psicoterapeutica creata da J. Schultz nel 1932, definita come “metodo di autodistensione da concentrazione psichica“. E’ formato da sei esercizi di base, che numerose ricerche scientifiche hanno dimostrato essere utili per:
- migliorare la propria qualità di vita;
- ridurre l’ansia e le problematiche ad essa collegate, come l’insonnia o l’agitazione;
- mitigare lo stress e alleviare l’eccessiva stanchezza;
- ridurre il dolore fisico;
- migliorare le proprie prestazioni artistiche, sportive e lavorative;
- raggiungere un equilibrio psicofisico ottimale;
- ridurre i disturbi d’ansia, del sonno e i disturbi psicosomatici (specialmente legati a condizioni di elevato stress, come cefalee, bruxismo, stipsi, etc…);
- vivere in maniera positiva il periodo della gravidanza e prepararsi al meglio al momento del parto.
Il training è una metodica che può essere appresa solo attraverso l’insegnamento e il costante allenamento del paziente. L’obiettivo è quello di riequilibrare molti apparati somatici, come quello respiratorio, cardiaco, muscolo-scheletrico, al fine di avere ricadute positive anche a livello mentale. L’equilibrio somatico, infatti, produrrà uno stato di rilassamento psichico conseguente, in grado di alleviare il disagio interno provato.
I benefici di questa tecnica di rilassamento sono davvero molti, così come i suoi ambiti di utilizzo. Vai nella sezione dedicata per saperne di più.
Il training autogeno superiore è la naturale evoluzione del training autogeno di base. Se quest’ultimo si focalizza sul riequilibrio somatico-psichico dell’intero individuo, il training autogeno superiore si basa invece sull’analisi del mondo inconscio della persona, ovvero si focalizza essenzialmente sui contenuti psichici.
Attraverso, infatti, una serie di esercizi immaginativi, porta riscoprire parti di sé profonde, emozioni represse, ricordi talvolta rimossi, o addirittura l’origine del proprio disagio interno. E’ per questo molto indicato per chi vuole migliorare la propria capacità di introspezione, comprendere qual è la sua naturale inclinazione alla vita, o conoscere quali sono le cause di un disagio che non riesce a spiegarsi. Permette inoltre di amplificare la sensazione di rilassamento del training autogeno di base, nonché di consolidarla all’interno dell’individuo.
Come aprire un vecchio baule, e riscoprirci dentro un tesoro, fatto di emozioni, sensazioni e ricordi in grado di riscoprire la vita sotto una prospettiva differente.
La psicoterapia autogena è una forma di psicoterapia che si basa sull’utilizzo del Training autogeno come mezzo di cura. Il training autogeno, in questo caso, non viene utilizzato solo per le sue finalità di rilassamento e riduzione della sintomatologia ansiosa o di altro tipo. Diversamente, i vari esercizi saranno solo il presupposto fondamentale per approfondire parti di sé attraverso la relazione terapeutica. La psicoterapia autogena, dunque, va oltre le semplice sensazione superficiale di rilassamento e i suoi correlati benefici a livello d’umore, per arrivare a un’analisi introspettiva più profonda.
La valutazione psicodiagnostica è un processo strutturato di conoscenza e approfondimento di una persona. Ha lo scopo di rilevare la natura, l’entità e, laddove possibile, anche le cause del disagio presentato dal paziente, al fine da indirizzarlo verso la forma di trattamento più appropriata.
Per tale motivo viene svolta sia di supporto a qualsiasi altro professionista sanitario, come i medici, quando la patologia non sembra avere cause organiche, oppure all’inizio Luscher Testdi un percorso di psicoterapia. Oltre che del colloquio psicologico, si avvale di svariati strumenti il cui utilizzo è solitamente riservato a psicologi, come i test psicodiagnostici (questionari, test proiettivi, test di disegno…etc).
I dati che vengono raccolti sono in genere elementi relazionali, familiari e intrapsichici, dai quali si cerca di rilevare quelli sono alla base del disturbo presentato.
Tra i testi più efficaci a livello psicodiagnostico, ma non solo, vi è il test di Luscher.
Gruppi espressivi e psicoeducativi
I gruppi espressivi, come quelli di arteterapia, sono particolari forme di terapia (di gruppo, ma anche individuali) dove la comunicazione non verbale diventa il principale fattore di cambiamento. L’obiettivo è trovare nuove forme di espressione al malessere, permettendo alla persona di trovare altrettanti nuovi modi per esprimere il proprio disagio. Per svariati motivi, infatti, non sempre la psicoterapia tradizionale, intesa come “cura della parola”, ha efficacia e può essere adatta a tutti. Adottare, quindi, modalità alternative di rappresentazione del conflitto interno, può essere una soluzione efficace.
Andando nella sezione dedicata ai gruppi espressivi, potrai scoprire quali sono le terapie espressive di cui attualmente mi occupo, nonché conoscere alcuni dei progetti futuri in fase di costruzione.