Training autogeno: la coniugazione del benessere fisico e mentale
Molti studi hanno dimostrato che la salute fisica e mentale sono tra loro interconnesse. Ciò vuol dire che se hai un disturbo o un malessere fisico, spesso quest’ultimo è collegato a una tua componente mentale. Per raggiungere, pertanto, uno stato di benessere generale, è opportuno agire sia sulla salute intesa in senso fisico, che su quella intesa in senso psicologico. È su questa base teorica che opera il training autogeno, ovvero quella della riorganizzazione psicofisica generale: agisce sul corpo, per poter avere dei riflessi positivi a livello mentale (e viceversa).
In altre parole, riequilibrare la propria condizione fisica e psichica è la principale condizione per il benessere e la cura dei sintomi di un paziente.
Approfondiamo un po’….
Come agisce il Training Autogeno?
La riorganizzazione psicofisica si ottiene con l’implicita regolazione del Sistema Vegetativo Periferico, o SNA. Questo sistema è formato dal sistema simpatico e parasimpatico: il simpatico è alla base di tutte le funzioni necessarie per l’attività e la produzione, il parasimpatico, invece, si attiva in tutti i processi assimilatori e rigeneratori, come durante il sonno o negli stati di riposo.
In un normale equilibrio psicofisico, il sistema simpatico e parasimpatico agiscono in funzione complementare e antagonista. Può capitare che tale equilibrio, per vari fattori di natura psicologica, fisica o sociale, si interrompi e si generi distonia tra i due sistemi. Questo disequilibrio interno porta a sintomatiche d’ansia, psicosomatiche, disturbi del sonno, agitazione…etc.
Il training autogeno effettua un riequilibrio della sfera fisica (sistema nervoso) e psichica (rilassamento). Permette ovvero di recuperare un’ottimale regolazione interiore e, di conseguenza, di migliorare la propria qualità di vita, riducendo considerevolmente il disagio.
Contribuisce alla regolazione dell’ansia attraverso una normalizzazione delle funzioni somatiche, una diminuzione dei pensieri disturbanti, una modulazione positiva degli stati emotivi, una visione di sé rispondente al proprio progetto esistenziale, una recuperata fiducia e sicurezza interiore.
Training autogeno: una definizione
Il training autogeno è definito un metodo di autodistensione da concentrazione psichica (Schultz, 1968a). “Autodistensione” perchè, al contrario di altre tecniche di rilassamento, non è eteroindotto, ma autoindotto. Vuol dire che sei tu, una volta appreso il processo, ad “autocurarti”, senza più il supporto esterno. Una volta appresi gli esercizi, il tuo unico compito sarà quello di allenarti costantemente: i benefici verranno da soli. Un po’ come andare a fare una corsa, o un viaggio, ma rimanendo seduti o sdraiati.
Il training autogeno, oltre che un metodo di autodistensione, è definito anche un metodo da “concentrazione passiva“. Si tratta di uno stato di dormiveglia, al contempo passivo e attivo, nel quale tu ricadi prima di sperimentare le sensazioni che ti vengono suggerite dagli esercizi.
Come avviene tutto ciò? Attraverso i sei esercizi di base e quelli superiori…
Training autogeno: i sei esercizi di base
Prima dell’inizio di qualsiasi esercizio è importante vivere l’esperienza di calma, capace fin da subito di indurre uno stato di sopore e di distensione. L’induzione alla calma è, infatti, la creazione di un atteggiamento fisico e mentale di immobilità, passività e di distensione generale.
In seguito, si prosegue con i seguenti esercizi:
- Esercizio della pesantezza: favorisce la distensione muscolare.
- Esercizio del calore: induce una dilatazione completa dei vasi sanguigni, permettendo così di far giungere più sangue agli organi che, a loro volta, si dilatano, rilasciando una piacevole sensazione di distensione sul corpo.
- Esercizio del cuore: è utile per calmare situazioni d’ansia, nonché per regolarizzare un cuore ansioso o teso, proprio perché molto spesso il battito cardiaco viene omesso come sintomatica nelle più diffuse patologie d’ansia
- Esercizio del respiro: permette di ottenere una distensione sempre più completa, l’acquisizione di un ritmo di respirazione sempre più spontaneo e regolare, e la diminuita possibilità di alterazione della respirazione come evento autonomo.
- Esercizio del plesso solare: tanti benefici, tra cui disturbi dello stomaco, del sonno, disturbi emotivi…
- Esercizio della fronte fresca: diminuzione dello stress, delle cefalee, distensione dei processi riflessivi.
A tali esercizi, si possono aggiungere “formule supplementari” che andranno adattate a ogni singolo individuo e per specifici scopi. Se agli esercizi del training autogeno seguirà una precisa analisi del “protocollo” e delle sensazioni fisiche/psichiche provate, allora si darà vita alla psicoterapia autogena. Al training autogeno di base, seguirà (non necessariamente) il training autogeno Superiore.
A cosa serve il test di Luscher
Una volta raggiunto tramite il training autogeno di base uno stato di completo rilassamento e di accettazione passiva, il training autogeno superiore prevede che si chieda al soggetto di lasciar apparire davanti agli occhi (chiusi) delle immagini, dei colori o altre rappresentazioni, che possono rievocare vissuti personali, ricordi, sensazioni, emozioni o altro. Tutto ciò che emerge durante gli esercizi del training autogeno superiore non è altro che un contenuto dell’inconscio e, di conseguenza, qualsiasi contenuto potrà essere utilizzato alla stregua del materiale onirico (Schultz, 1968b; Peresson, 1987).
Si incomincia con la scoperta del proprio colore, ovvero con l’esercizio preliminare di tutto il ciclo superiore. L’esercizio del colore può essere effettuato, in questo modo, con l’invito a immaginare un colore non solo spontaneo o personale, ma anche intenzionale.
Quando la visione dei colori dello spettro si svolge con relativa facilità e sicurezza, si prosegue con l’invitare il soggetto a lasciar apparire degli oggetti nel proprio campo visivo interiore, prima oggetti concreti e successivamente oggetti astratti. In particolare, per quanto riguarda gli oggetti e le situazioni evocate, possiamo svolgere l’esercizio invitando i pazienti a rappresentarsi (Peresson, 1987):
- oggetti concreti (limone, in rappresentanza del seno materno; un libro, o qualsiasi oggetto di uso quotidiano…);
- figure geometriche;
- una situazione di discesa in fondo al mare (“Mi trovo in mare, galleggio piacevolmente, ad un certo punto comincio a scendere, a scoprire cosa c’è in fondo…scendo fino a toccare il fondo…);
- una salita ad un monte (“Mi trovo alle pendici di un monte e so che devo arrivare in cima, per cui incomincio a incamminarmi lungo il sentiero…”);
- visualizzazione di concetti astratti o allegorici (“la fedeltà”);
- esperienze personali;
- visualizzazione di determinate persone;
- l’esercizio del dialogo con l’inconscio.
Il training autogeno superiore è un metodo, oltre che di rilassamento, anche di autoanalisi, riflessione e meditazione che, a differenza del training di base, lascia molto più spazio alla creatività nel suo modo di presentarsi ed essere condotto. In un corpo e una mente già rilassati dal training autogeno di base, il Training Autogeno Superiore migliora le prestazioni artistiche, la riflessione, l’autoanalisi, la fiducia in sé; favorisce l’esplorazione del proprio passato, la comprensione dei propri disturbi.
È utile ricordare che né il training autogeno di base né quello superiore compiono “miracoli”. Non potendo essere applicato a tutti, è necessario prima effettuare dei colloqui di valutazione, al fine da rilevare eventuali controindicazioni. Può essere integrato e affiancato a prestazioni psicoterapiche di altro tipo o terapie mediche. In ogni caso, il training NON è assolutamente un sostituto delle convenzionali terapie mediche. In presenza di una patologia organica, può affiancare, ma NON sostituire completamente la terapia farmacologica.